Lavorare a Genova sognando Milano


sognando Milano

sognando Milano

Sono nato a Genova e per motivi vari in passato, ho abitato in differenti città italiane, per poi ritornare sempre all’ovile restando legato a questa inospitale terra, da quel malsano rapporto di amore e odio che i miei concittadini ben conoscono.

Ho trovato lungo asilo in Toscana, e ricordo ad esempio con immenso piacere, la gaia spensieratezza degli autoctoni con il il loro Mantra “nun c’è problema!” così come continuo ad invidiare l’operosa laboriosità dei bergamaschi che simpaticamente mi chiamavano “gènues” prendendomi in giro in quanto “forestiero e terrone”.

Nel frattempo ogni mattina apro gli occhi alle 6.15 ed accendo la radio per somministrare grazie a Radio Babboleo News la mia quotidiana dose di polemiche, mugugni, e demagogie varie.

Dopo barba, doccia e caffè, accompagno mio figlio Gabriele all’asilo a bordo di un autobus zeppo di anziani, che tremolanti ed ostinati partono alla volta di mercati, discount e offerte imperdibili.

Inizia così una nuova giornata dentro a questa pseudo metropoli,   in mezzo ad un traffico simile a quello di New York ma con l’economia inferiore a quella di Voghera, tra gente che ripete frenetica “scusa scusa ma sono incasinatissimo” e non si capisce esattamente cosa faccia.

Non è facile sopravvivere a fianco di imprese che parlano di massimi sistemi, pianificano dettagliati businnes plan, organizzano continui brainstorming per dar vita a faraonici progetti che purtroppo difficilmente supereranno la settimana di vita post inaugurazione, taglio nastro e rituale foto di gruppo in presenza del politico di turno più o meno inciuciato.

Genova ex capitale europea della cultura e attuale capitale mondiale dell’impalcatura, ricca di ponteggi decennali destinati a lavori di restauro e ristrutturazione mai iniziati.

Una manciata di fondi pubblici, quattro soliti sponsor che per pietà elargiscono briciole di Euro, una conferenza stampa con tanti salatini e il gioco è fatto; la barca va avanti e noi la lasciamo andare perchè a questo gioco di sopravvivenza oramai siamo abituati.

Vecchi giocolieri della parola, impegnati nel tentare pateticamente di cimentarsi con giochi nuovi, senza ovviamente riuscire neppure ad impugnarne gli strumenti, bruciati da una tecnologia che si evolve a ritmi fotonici ed una recessione economica vertiginosamente in caduta libera.

“Vede Casissa lei potrebbe sicuramente ricoprire un ruolo importante nella nostra Società; come ben sa l’Italia attraversa un periodo di terribile crisi  quindi i fondi sono ridotti e le risorse esigue ma se stringiamo tutti i denti siamo certi che in poco tempo saremo in grado di crescere tutti insieme per cui le chiediamo la disponibilità ad un sacrificio il quale certamente verrà ripagato. Al momento possiamo assumerla con un contratto co.co.pro o in alternativa potrebbe sempre aprirsi una partita iva, naturalmente si tratta di una fase temporanea, mirata ad assestare la sua posizione in azienda e bla bla bla bla bla bla bla”

Ho sentito raccontare questa filastrocca decine di volte, da dirigenti impregnati di Martini & Prosecco già alle 10:00 di mattina, che fumando beatamente la loro sigaretta in ufficio sulla mia faccia e quella della segretaria rassegnata ad ogni tipo di sopruso, enunciavano deliranti strategie imprenditoriali lottando nel frattempo con quel mostro di innovazione chiamato sms.

Ma poi arrivan quei momenti in cui non si sa che dire
Quando si sa dove si é ma non dove si può andare
E dopo tante certezze e tante sicurezze
E’ il momento di dubitare, sembra tutto senza valore

Eugenio Finardi > Acustica (1993) > Dolce Italia

Come dice Eugenio a volte, per qualcuno arrivano quei momenti di incertezza e sconforto, in cui si vorrebbe mollare tutto, chiudere la porta alle spalle e gettare la chiave in mare e ripartire.

Ripartire da capo, in un luogo dove le mie competenze vengano riconosciute ma soprattutto retribuite; ciclicamente quindi, durante le ore serali in cui tutto tace, mi lancio in speranzose ricerche di alternative a questa paludosa realtà.

Eccomi quindi alle prese con Google e parole chiave tipo  possibilità di lavoro a Milano e simili, l’aggiornamento del mio profilo professionale su Linkedin e la stesura di curriculum vitae in perfetto stile europeo, nella speranza di quel miracolo che possa cambiare la mia vita.

Risultato: nuova sveglia solita ora, più cotto che mai, con il corpo costretto a vagare in giro per la Superba ma con il cuore all’ombra della Madonnina.

E già, quando a Genova paragoni i nostri modelli di businnes e retrograde modalità operative con quelle della capitale del nord ti senti rispondere con rassegnazione: ” è vero ma sai Milano è Milano” come se ci fosse una sorta di predeterminazione karmica che costringe i genovesi a sognare il meglio rimanendo però sempre al palo.

Siccome però sono un inguaribile sognatore e un ottimista per natura, non smetto di sperare nella rinascita della mia terra e mi auguro con tutto il cuore che la nuova Giunta Comunale possa risollevare la situazione invertendo la famigerata rotta che ci ha portato negli ultimi decenni a perdere le numerose risorse che avrebbero dato lavoro a noi e ai nostri figli.

Detto questo scappo, corro, dribblando vecchiette in corriera e pseudo manager in carriera, alla ricerca di un pezzo di pane da portare a casa cercando di spiegare all’amico extra comunitario che mi chiede “un euro per mangiare” che non sono ricco come sembra e che la cravatta che indosso è cinese…..

 

 

Cosa ne pensi?