La fine di un sogno :
Ingegneria dice no a Erzelli


parco tecnologico erzelli genova

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Genova è una città difficile.

Lo è per le sue caratteristiche geo fisiche che ne rendono complicati i trasporti, per la compressione della poca terra che si erge tra mare e monti e per la mancanza di spazio che da sempre assilla i suoi abitanti.

Difficoltose sono le strategie economiche messe in atto dagli amministratori pubblici e privati, che si sono succeduti alla guida della Superba.

Difficile è il carattere degli autoctoni, che da secoli si sforzano senza successo di accettare il nuovo lasciando alle spalle mugugno e maniman.

Questo clima mi accompagna dalla nascita ed in fondo, come tutti i miei concittadini, ci ho fatto il callo ed ho imparato a sopravvivere malgrado la mancanza di fiducia e l’avversione per gli investimenti di ogni natura, che domina da queste parti.

Ho sempre sognato una rinascita sociale di questa città che amo esattamente in proporzione a quanto sono riuscito ad odiarla.

Desidero lasciare ai miei figli un terreno fertile dove coltivare progetti e sviluppare idee.

Questa strada che porta a domani, nel mio immaginario, andrebbe costruita grazie alle nuove tecnologie, l’informatica, la rete.

Durante il decennio di attività nel settore internet, ho studiato per passione il passato dei nostri predecessori, conoscendo storie affascinanti a volte persino incredibili.

In questi ultimi mesi ho avuto la fortuna di conoscere persone che osando, rischiando e faticando, hanno scritto le pagine dei libri di quella storia che ha cambiato la vita di tutti noi; alcuni hanno goduto del successo altri sono caduti durante il percorso ma almeno, loro, contrariamente alla media dei timorosi spettatori passivi, ci hanno provato mettendoci la faccia oltre al portafoglio.

La rivoluzione è possibile, e se avverrà, sarà prima di tutto  culturale e poi imprenditoriale.

All’interno di questo scenario, la conclusione della vicenda Erzelli rappresenta indubbiamente il colpo di scena a cui mai avrei immaginato di assistere: la cittadella tecnologica si farà ma senza la partecipazione della Facoltà di Ingegneria.

Quel luogo dove gli studenti avrebbero condiviso il tavolo di una mensa con ingegneri di fama internazionale rimarrà solo una proiezione olografica della nostra fantasia.

La possibilità di unire formazione teorica  ad applicazione pratica, immediatamente orientata verso il mondo del lavoro, come accade nelle evolute città europee, è definitivamente sfumata.

Amo insegnare gratuitamente l’uso delle piattaforme open source  e sono felice di aver regalato un mestiere appagante a numerosi giovani webmaster in erba.

Probabilmente non salirò mai su quella collina per tenere una seminario su Joomla o WordPress e questa consapevolezza mi avvilisce.

Sono un tecnico imprestato al marketing e svolgo il mio lavoro con amore e passione,  non mi occupo di politica, quindi non possiedo un metro di valutazione per giudicare ed interpretare questa triste vicenda.

Penso soltanto che tra chi ha definito il progetto una mera speculazione edilizia e quelli che lo dipingevano d’oro, esista come in tutto una saggia via di mezzo che in questa città, per una ragione o per l’altra, non si riesce mai a trovare.

Si è parlato di  profitti, cementificazione ed interessi privati forse dimenticando le condizioni in cui si trovava l’area prima dell’inizio cantiere.

Il fatto che qualcuno abbia guadagnato edificando, rientra in un processo di crescita comune e l’indotto di occupazione ha sfamato famiglie di operai e professionisti.

Mi auguro che questa brutta notizia si possa  trasformare rapidamente in qualcosa di costruttivo, magari attraverso l’individuazione di altri possibili partner accademici.

Concludo chiedendomi se forse non sarebbe stato meglio stringere accordi chiari e precisi prima degli insediamenti aziendali, evitando alle società coinvolte un costoso trasferimento il quale probabilmente si rivelerà del tutto inutile.

 

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