Il presepe nella città dei cuculi


Miriam Pastorino

Miriam Pastorino

Ricevo e molto volentieri pubblico questa lettera dell’amica Miriam Pastorino a Nando Dalla Chiesa consulente comunale ai grandi eventi e progetti culturali  Comune di Genova.

Gentile prof. Dalla Chiesa,

da genovese plaudo al suo interesse per il nostro presepe storico e alla decisione di promuoverlo a livello nazionale. Premesso questo, poiché penso che nessuno l’abbia ancora ragguagliata sulla storia dell’ufficio comunale che, a partire dai primi anni Novanta, ha fatto uscire dall’oblio quello straordinario patrimonio artistico, provvedo a informarla io, e ad informare tutti coloro che potranno leggermi in copia. E’ bene infatti che i cittadini abbiano la possibilità di conoscere meglio lo sperpero di risorse umane che avviene nell’ambito di certe pubbliche amministrazioni: sia il generoso apporto di talento da parte di personaggi universalmente noti, sia il silenzioso  lavoro di  semplici dipendenti animati da buona volontà, capacità professionale ed elevato spirito di servizio.
Nel 1991, conclusa la breve esperienza pentapartito, il comune di Genova tornò alle sinistre e la nuova “assessora” alle istituzioni scolastiche, Politiche giovanili e tempo libero provvide immediatamente a trasferire ad altro incarico il funzionario che per primo si era occupato di rilanciare il presepe genovese promuovendo una grande mostra storico-artistica ed altre iniziative di genere più popolare.
In seguito, l’ufficio tempo libero fu assegnato all’assessore al turismo e promozione della città, il cui direttore pensò di attribuirmene le competenze.
Ben presto mi accorsi che tale ufficio, privato di risorse umane ed economiche, non interessava a nessuno. Decisa a riaffermare il mio diritto al lavoro (da qualche tempo, infatti, e non certo per mia colpa ma per volontà di emarginarmi a causa del mio non allineamento politico – anche questo un mio diritto inalienabile – venivo pagata senza fare nulla), provvidi a stendere un programma per il recupero e il rilancio delle tradizioni popolari, tra le quali il presepe e le Casacce. Il mio reparto, almeno sulla carta, doveva occuparsi dello sviluppo turistico di Genova ed io, per aver a lungo studiato le tradizioni popolari italiane, credevo nel potenziale culturale e sociale ma anche economico delle antiche feste popolari e di tutto quanto ruotava intorno ad esse. Tengo a precisare che feci tutto questo in perfetta solitudine, ed anzi circondata dall’ironia di colleghi e dirigenti che non mancavano di farmi notare quanto fosse anacronistico il mio interesse verso quelle “assurde anticaglie” (così veniva definito da essi il patrimonio inestimabile di cui parliamo) custodite negli oratori e nelle chiese.
Alla fine del 1993, a seguito di elezioni anticipate, l’assessore a cui faceva riferimento il mio ufficio cambiò. Chi lo sostituì non dimostrò, come accadeva precedentemente, ostilità pregiudiziale ai programmi del mio ufficio che, per evidenti ragioni storiche, erano in gran parte basati sulle manifestazioni  esteriori della fede cristiana.
Fu così che in questo clima più favorevole, proprio a Genova, in luogo dell’obsoleto ufficio tempo libero nacque e si consolidò il primo ufficio italiano “per il recupero e il rilancio delle tradizioni popolari”, da me concepito, finalmente dotato di un piccolo budget che mi permetteva di realizzare un vasto programma distribuito su tutto l’arco dell’anno.
Un importante salto di qualità ebbe luogo quando il Maestro Mario Porcile, direttore artistico di fama internazionale, già inventore di quei Balletti di Nervi che tanta importanza ebbero per l’economia turistica della nostra città, cominciò a collaborare con il mio ufficio.
Con il suo decisivo contributo (offerto, detto per inciso, a titolo gratuito) nacquero lo splendido presepe vivente in stile barocco e il carnevale di Acquasanta, due manifestazioni popolari e nello stesso tempo assai raffinate che divennero, assieme al rilancio dei cinque spettacolari pellegrinaggi estivi delle Casacce al santuario e al recupero delle terme ottocentesche, il nucleo forte delle iniziative su cui fare affidamento per il rilancio di quella storica località turistica. E, a questo proposito, voglio ricordare che fu proprio l’ufficio tradizioni popolari, assieme all’allora sindaco di Mele, a prodigarsi per ottenere in tempo utile un contributo europeo di cinque miliardi di lire destinati al rifacimento della stazione termale.
Alla fine di quel ciclo amministrativo, l’ufficio di cui ero responsabile (e unica dipendente amministrativa) poteva contare su centinaia di collaboratori (anche questi in massima parte a titolo gratuito) tra associazioni e singoli esperti, migliaia di sostenitori sparsi sul territorio cittadino, accrediti nazionali e internazionali nonché operatori economici nel campo del turismo, del commercio e dell’artigianato vivamente interessati allo sviluppo di un calendario annuale che comprendeva:
a) Genova Città dei Presepi. Un programma di iniziative socio-culturali (due concorsi “presepi”, un seminario di argomento storico-filosofico, una scuola di teatro dialettale, dozzine di concerti nelle chiese, raccolte di beneficenza, un laboratorio didattico per la fabbricazione di figurine presepiali, una qualificata sartoria di costumi storici funzionale alle sacre rappresentazioni), la promozione turistica degli artistici presepi storici allestiti nei luoghi di culto e l’organizzazione di due grandi presepi viventi in stile barocco (quello già citato di Acquasanta e un altro, in centro storico, che si concludeva all’interno della cattedrale). Inoltre, un progetto “europeo”, per il momento formulato solo sulla carta, per trasformare la bella ma decaduta via Giustiniani in una strada dedicata all’artigianato ligure dove, traendo ispirazione dalla famosa via napoletana di San Gregorio Armeno, il nostro presepe artistico avrebbe trovato un posto di riguardo assieme a quello più popolare dei così detti macachi.
b) Carnevale dell’Acquasanta. Innestato su una tradizione rurale miracolosamente sopravvissuta, questo carnevale presentava elementi di assoluta novità assieme ad altri temi più consueti svolti con grazia e originalità: decine di sagome dipinte di maschere alle finestre delle case, fiaba di pinocchio allestita sul greto dei due torrenti completa di una balena di sei metri, spettacolo della Baistrocchi sulla piazza del santuario, recupero di Baciccia e Catainin, due maschere tipiche genovesi ormai dimenticate,  carri allegorici trainati da cavalli, rottura di tre pentolacce, giuria di pagliacci per la premiazione della maschera più bella e grande falò, sempre sul greto del fiume, del re del carnevale.
c) Pasqua. Fede, arte e tradizione. La promozione della Via Crucis nella città antica, della processione delle confraternite che ogni anno si snoda nella suggestiva cornice dei vicoli e dei  sontuosi sepolcri, integrata dalle sacre rappresentazioni allestite nei chiostri dei conventi e dai concerti della settimana santa, rappresentavano una serie di appuntamenti all’insegna della spiritualità, ma andavano anche a costituire un “pacchetto” turistico di pregio, minore, ma non trascurabile per l’economia turistica della nostra città.
d) Festa di San Giovanni Battista, santo patrono della città. In questo caso l’ufficio aveva offerto la propria collaborazione alla Curia Arcivescovile per far conoscere al di fuori dei confini cittadini la solenne celebrazione del Santo Patrono: una festa che nulla ha da invidiare alle più celebrate ricorrenze italiane del santo patrono. L’intervento comprendeva la stampa di un depliant ad hoc, l’apertura straordinaria di importanti oratori storici e l’organizzazione di una sacra rappresentazione sulla vita del santo.
e) I pellegrinaggi delle Casacce al Santuario dell’Acquasanta. I cinque pellegrinaggi che coinvolgono tutto l’estremo ponente cittadino nel periodo che va dalla metà di agosto alla metà di settembre posseggono una forte attrattiva per via delle artistiche casse professionali e di grandi crocifissi dai canti fioriti e, per il tempo in cui il presente programma ha potuto svilupparsi, hanno costituito il motore estivo su cui si basava il rilancio turistico di Acquasanta.  In questo caso, come in quello dei presepi, l’ufficio tradizioni popolari aveva provveduto a spedire alle ambasciate italiane all’estero un’artistica locandina stampata nelle principali lingue straniere. Da almeno una decina di telefonate di ringraziamento si era potuto constatare che, ormai da decenni,  tali istituzioni estere non ricevevano materiale promozionale dal nostro paese. Materiale che ritenevano molto utile a fini di propaganda turistica verso il nostro territorio.
f) accanto alle iniziative sopra elencate, ve n’erano altre minori, di bassa rilevanza turistica, ma utilissime allo sviluppo generale del programma, al mantenimento della memoria storica e al rilancio sociale di talune zone cittadine (nel centro storico: “Festa di San Pietro in San Luca”, “Festa di San Giorgio”, “San Pancrazio con i Cavalieri di Malta” e, a Voltri, “Festa di Santa Limbania”).
La nuova giunta non soppresse formalmente il mio ufficio ma ben presto per me tutto divenne sempre più difficile. Quando il nuovo assessore mi chiamò per annunciarmi la sua decisione di ridurre drasticamente il budget destinato al programma “tradizioni popolari” io cercai di difendere il mio lavoro, illustrandogli i risultati fin lì ottenuti assieme alle ulteriori promettenti prospettive che si aprivano nel campo dell’economia turistica. Documentazione alla mano, gli dimostrai di aver sempre agito con estrema oculatezza, avendo cura di far rendere al massimo il denaro dei contribuenti. Per non urtare la sua sensibilità, evitati di fargli notare come, d’altra parte, il capitolo di spesa riferito all’intero intervento “tradizioni popolari” era di 50 milioni annui, vale ad dire la trecentesima parte dei 15 miliardi di lire a disposizione del suo reparto! Naturalmente, il mio tentativo di farlo ritornare sulle sue decisioni  fallì e il capitolo di spesa venne dimezzato.
Alla fine del 1999 l’assessore cambiò nuovamente ma le mie difficoltà non cessarono. La donna politica a cui ora dovevo far riferimento proclamò  di amare le tradizioni popolari al punto che occorreva dotarle di un marchio. Fu così che, per l’acquisto del piccolo logo “Genova Tradizioni”  furono sborsati 45 milioni di lire mentre per lo svolgimento del programma a cui si doveva la loro riscoperta non restava quasi più nulla. Tutte le principali  iniziative dell’anno 2000 saltarono ma io, soprattutto grazie al sostegno e alla collaborazione di centinaia di miei concittadini, riuscii nell’impresa di portare comunque a termine  “Genova città dei presepi”. Fu un successo straordinario che si concluse con il grande presepe vivente barocco dell’anno del Giubileo che richiamò migliaia di liguri nella nostra antica cattedrale.
Nella prima metà di gennaio del 2001 fui convocata dall’assessore che mi ricevette assieme all’intera gerarchia dei burocrati comunali per comunicarmi il mio trasferimento in tronco. Il city manager fu l’unico ad opporsi, prima incuriosito e poi attratto dal programma del mio ufficio. Ma la sua, pur decisa e autorevole presa di posizione, non valse a nulla. Avevo sempre lavorato con scrupolo e nessuno dei miei dirigenti aveva mai avuto motivo di rimproverarmi alcunché. Alla mia richiesta di spiegazioni per quel provvedimento del tutto ingiustificato (tra l’altro: non era mai successo che un fannullone fosse allontanato dal mio reparto!) in un primo momento mi fu detto che si trattava di un trasferimento per “incompatibilità ambientale”. Successivamente, probabilmente perché le idee politiche personali non erano, almeno ufficialmente, perseguibili, il provvedimento mi venne spiegato come la volontà della giunta di abbandonare le tradizioni popolari per concentrarsi su quei concerti rock in centro storico che “così tanta eco ricevevano da parte della stampa”.
Un’interpellanza consigliare e la raccolta di numerosissime firme in mia difesa non valsero a cambiare le cose.
In seguito tutte le competenze del mio ufficio passarono ad altro funzionario compatibile con l’orientamento politico della giunta, che ben presto si vide attribuire una “posizione” assai lucrosa dal punto di vista economico, assieme a una pletora di dipendenti  che arrivò a comprendere addirittura dodici unità.
Fino alla sua recente manifestazione di interesse verso il presepe storico-artistico, Le posso assicurare che nulla di memorabile, per opera del Comune, ha mai più avuto luogo nella nostra città nel campo delle tradizioni popolari. Anche se l’amore dei genovesi verso la loro memoria storica resta invariato.
Dopo i fatti appena narrati, io ho continuato a lavorare diligentemente senza tuttavia poter mai più mettere a frutto a beneficio della comunità gli anni di studio e l’esperienza che avevo acquisito.
Con l’unico intento di onorare la verità dei fatti, colgo questa occasione per augurarLe un Buon Natale e una felice permanenza nella nostra città.

Dott.ssa Maria Teresa (Miriam) Pastorino

(Inviata, per conoscenza, a tutti coloro che possono essere interessati all’argomento tradizioni popolari, sprechi e pubblica amministrazione, mobbing).

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