Andrea Agostini Legambiente denuncia
rischio catastrofe alluvione a Genova


Andrea Agostini Legambiente

Andrea Agostini Legambiente

La denuncia – Da Ponente a Levante e nelle due vallate la “mappa” delle aree più esposte
Legambiente: <A Genova ancora tante zone a rischio>

Agostini: <Troppe cementificazioni e poca manutenzione del territorio.
Un evento simile a quello di Vernazza potrebbe accadere qui>

“Se su Genova si abbattessero i 40 centimetri di pioggia che sono caduti su Vernazza, in molte zone della città si correrebbero rischi analoghi”.
Non teme di usare toni allarmistici Andrea Agostini, presidente del circolo Nuova Ecologia di Legambiente, mentre sulla città incombe la minaccia del nuovo allerta meteo. E la “sua” mappa dei rischi – che imputa a carenza di manutenzione del territorio e alle cementificazioni – spazia da Levante a Ponente, dalla Valpolcevera alla Valbisagno. «Mi pare che ormai si concordi sul fatto che per l’alluvione di Vernazza siano stati decisivi il crollo del parcheggio costruito a monte del paese e la mancanza di manutenzione del territorio soprastante – osserva Agostini – Ma, lasciando che la magistratura faccia il suo lavoro, bisogna chiedersi come è stato possibile che si sia autorizzata una costruzione di quel tipo.
E siccome anche a Genova sono state autorizzate cementificazioni in zone fragili del territorio, siamo tutt’altro che immuni dal rischio di altre alluvioni». L’“excursus“ del rappresentante di Legambiente parte dalla Valpolcevera: «Con la realizzazione delle strade di sponda gli argini del Polcevera sono stati cementificati e, quando piove, questo aumenta la velocità di scorrimento dell’acqua e, di conseguenza, la potenza del suo impatto» spiega, citando l’area di Fiumara come una di quelle a facile rischio di allagamenti. «Nella stessa valle – continua Agostini – altre zone a rischio sono quella del rio Fegino a nord, dove ci sono i cantieri, e a valle verso Manesseno, dove i Comuni di Genova e di Sant’Olcese hanno autorizzato la costruzione rispettivamente di capannoni industriali e di palazzi lungo il Secca che su un lato non ha protezioni». Dalla Valpolcevera al Ponente, con i torrenti Branega e Chiaravagna: «A monte del Branega non sono ancora stati rimossi molti tronchi di alberi bruciati dopo l’ultimo incendio e pronti a finire nel torrente – denuncia Agostini – A Sestri l’”effetto tappo” costituito dagli interventi realizzati alla foce del Chiaravagna è sempre lo stesso, e il palazzo di via Giotto è ancora lì.
Ma a Sestri la situazione è anche peggiorata rispetto all’alluvione che un anno fa aveva mandato a bagno le aziende di via Merano, perché a Erzelli si è continuato a costruire e, quindi, a impermeabilizzare il terreno e non mi risulta che si sia fatto nulla per evitare il rischio di un’altra alluvione». Spostandosi dal Ponente alla Valbisagno Agostini punta il dito sullo stato del Fereggiano:
«L’ultimo tratto scoperto è quello più pericoloso – denuncia – Da un lato si è costruito e dall’altro ci sono muretti pericolanti e, come se non bastasse, a monte si è autorizzata la realizzazione di un parcheggio. Nonostante gli interventi in corso per rifare la copertura del Bisagno, la zona vicino al ponte di Sant’Agata resta a rischio, mentre non è stata ancora pulita, a monte, l’area della Valbisagno colpita dall’ultimo incendio». Ma, secondo l’esponente ambientalista, le cose non vanno meglio a levante, dove “nel mirino” c’è, fra l’altro, il rio Bagnara «che a Quinto scorre fra cementificazioni, muri pericolanti e argini dissestati» e «la zona fra via dei Floricoltori e via Donato Somma, a Nervi, dove si sta costruendo un
parcheggio. Prima che si aprisse questo cantiere – osserva Agostini – il corso d’acqua che passa di lì, almeno da un lato aveva uno spazio verde che rappresentava un’area di sfogo in caso di forti piogge,mentre adesso c’è altro cemento». «Bastano questi pochi esempi – conclude – per capire che a Genova le esperienze del passato non hanno ancora insegnato abbastanza. Adesso tutti piangono per quello che è
successo nelle Cinque Terre, ma noi di Legambiente lo denunciamo e diciamo che prima di autorizzare nuovi interventi di cementificazione un pubblico ufficiale dovrebbe valutare quali possono essere le conseguenze e avere anche una garanzia di manutenzione, perché non basta che il tubo sia abbastanza largo, se poi nessuno si occupa di tenerlo pulito. In una regione così fragile e che ha già pagato un alto prezzo alle cementificazioni, è ora che le amministrazioni pubbliche modifichino radicalmente la politica del territorio.

FONTE CORRIERE MERCANTILE

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